mercoledì 22 luglio 2015

L'export agroalimentare e l'Italian Sounding

L'agroalimentare è il primo comparto del settore manifatturiero, con 58 mila imprese, 385 mila addetti diretti ed un fatturato di 132 miliardi di euro registrato nel 2014. Le nostre eccellenze alimentari: dai formaggi al vino; dalla pasta all'olio passando per la produzione ortofrutticola ed i suoi prodotti trasformati, sono tutelate dai marchi DOP, IGP, STG, DOC e DOCG, disciplinati da un apposito regolamento Europeo, che le protegge dalla devastante piaga della falsificazione e contraffazione. L'italia è il primo paese al mondo con il più alto numero di denominazioni riconosciute sia nel cibo che nel vino e questo è indice dell'alto livello che raggiunge la nostra produzione alimentare. La quota di export nazionale del settore a livello mondiale è pari al 3,1%, dietro a giganti di ben altro calibro quali la Cina con 4,6 % e gli Stati Uniti che da soli coprono il 10,3% dell'export globale. I paesi in cui esportiamo maggiormente sono la Germania (alimenti per 3,2 mld di €), Regno Unito e Stati Uniti (2,1 mld € per entrambi), Francia (2 mld €), Canada (475,9 mln€), Russia (419,6 mln €) e Cina (225,5 mln €) [fonte SACE].
La nostra favolosa cultura del buon cibo ha risonanza in tutte le parti del globo, tanto che i nostri prodotti sono tra i più imitati al mondo e destinati alla fascia di estimatori più raffinati. In occasione dell'assemblea nazionale di Coldiretti (la prima associazione Nazionale di imprenditori agricoli) ad Expo, è stato pubblicato uno studio elaborato dall'ente, in cui si evidenzia che un quarto dei Paesi rappresentati all'esposizione Universale di Milano, commercializza prodotti che richiamano nei marchi (e solo in quelli perché la qualità è totalmente inconfrontabile con quella degli originali), le nostre produzioni più famose, confondendo i meno avvezzi tra i consumatori stranieri. Dal Parmesan Russo al Caffè Mafiozzo Bulgaro, passando per i Tortelloni con polenta Austriaci e gli Chapagetti Coreani, senza dimenticare il Barbera ed il Chianti Bianco venduti in Romania e Svezia rispettivamente e la squisita Zottarella Tedesca, sfregiano il vero Made in Italy che Roberto Moncalvo (presidente dell'associazione) quantifica in 60 mld € il fatturato derivante da falsificazione e contraffazione dei veri prodotti Made in Italy. Secondo Paolo De Castro (Commissione Agricoltura e sviluppo rurale Parlamento Europeo) l'unica strada da percorrere per ottenere garanzie sul rispetto dei veri marchi e prodotti Italiani al di fuori dell'Unione è quella dei negoziati commerciali con i singoli Paesi.
Nel frattempo, miei cari lettori, non fatevi tentare: il Gorgonzillo non è un'esotica varietà di Gorgonzola.