mercoledì 3 giugno 2015

GDO: Grande Distribuzione Organizzata e Farmers' Market

Sul più autorevole quotidiano economico finanziario Italiano (Il Sole 24 ore) di qualche settimana fa, è apparso un breve trafiletto, che ha attirato la mia attenzione. Il titolo: Se i consumatori bocciano la Gdo, sottotitolo: modello in difficoltà. Nel suo articolo l'autore rilevava la crisi profonda dei consumi e del suo effetto negativo esteso anche al moderno modello distributivo: quello della grande distribuzione organizzata ed evidenziava altresì che da un paio d'anni a questa parte si è registrata una progressiva diminuzione della superficie totale di vendita del settore tradottasi nella chiusura di alcuni supermercati con lo scoppio della conseguente crisi occupazionale collegata. Questo mi ha dato lo spunto per approfondire il tema e grazie alla pubblicazione occasionale della Banca d'Italia nella collana Questioni di Economia e Finanza intitolata: “La Grande distribuzione e l'industria alimentare in Italia” - marzo 2012 - ho potuto trarre alcuni elementi utili ad inquadrare il modello di attività commerciale. La pubblicazione comincia la trattazione dell'argomento dall'analisi e dalla tipologia di imprese produttrici alimentari e del loro contributo in termini occupazionali e di valore aggiunto all'intero comparto manifatturiero dell'industria Italiana. L'alimentare (i dati sono del 2007) rappresenta un valore aggiunto dell' 8,9%, sul fronte occupazionale l'apporto è del 10,3% ed il numero d'imprese sono il 13% del totale di settore. La maggior parte di esse (il 92%) risulta essere micro o piccola impresa, composta cioè dall'imprenditore e da 1 a 9 addetti. L'analisi prosegue analogamente sulla distribuzione al dettaglio e segue con un focus sugli operatori della Grande distribuzione Organizzata. Il modello organizzativo prevede l'aggregazione in Centrali di acquisto per avere maggiore potere negoziale con i produttori, che stilano accordi quadro entro i cui perimetri i singoli componenti potranno poi trattare ulteriori sconti di prezzo. Prima di analizzare la diffusione provinciale di supermercati ed ipermercati alimentari e la totale superficie di vendita da essi occupata sul nostro territorio, è necessario premettere alcune definizioni (ex art. 4 D.L.vo 114/1998): prima fra tutte quella di superficie di vendita: rappresenta l'area dell'esercizio commerciale occupata da banchi, scaffalature e simili, sono esclusi gli uffici, i magazzini i depositi ecc... La classificazione degli esercizi commerciali avviene in base alle dimensioni di questa superficie: le grandi strutture di vendita (quelle oggetto di questo post), la cui apertura per inciso è condizionata dal parere della Conferenza dei servizi formata da rappresentanti di Regione, Provincia e Comune; hanno una superficie di vendita superiore a 2.500 mq se aperti in comuni con più di 10.000 abitanti, il limite scende a 1.500 mq per comuni con una popolazione residente inferiore. La classifica dei principali soggetti distributivi in Italia stilata su fatturato ed occupati (dati 2010) è guidata da Carrefour con 8,4 mld € e 18 mila lavoratori, seguita da Esselunga: 6,5 mld € il fatturato e 19.273 occupati, al terzo posto si piazza Auchan con una simile quantità di occupati e 5,5 mld di fatturato, Coop Italia (dato aggregato) arriva a 4,8 mld € e poco più di 20 mila impiegati. Nella nostra provincia, quella di Monza e Brianza le Grandi strutture di vendita nel settore alimentare (sup>2.500 mq) sono il Bennet di Brugherio (3.851 mq), quello di Lentate (2.783 mq), il Globo di Busnago (5.736 mq) il Carrefour di Giussano (3.859 mq), quello di Limbiate (con 11.800 mq di superficie di vendita alimentare è il più grande della provincia), gli Esselunga di Lissone (2.865 mq), Macherio (2.733 mq), l'Iper di Monza (4.875 mq) l'Auchan (4.818 mq), il Gigante di Villasanta (3.500 mq) e quello di Usmate Velate (2.628 mq) ed infine le Torri Bianche di Vimercate con 3.000 mq per un totale Provinciale di 52.448 mq di superficie di vendita di prodotti alimentari: l'equivalente di 5 campi da calcio.
L'alternativa a questo modello d'acquisto, è rappresentata dal mercato del contadino, mutuato dall'inglese Farmers' Market, più noto in Italia con il marchio Campagna Amica di Coldiretti, qui sono direttamente i produttori (generalmente del territorio) che con una forma di commercio itinerante (come per gli storici mercati di paese) propongono in vendita generi alimentari propri, eliminando così l'intermediazione della distribuzione.
In conclusione: lo sviluppo sociale e territoriale può essere condizionato dal modello commerciale che noi consumatori decidiamo di preferire e forse l'affermazione di questi grandi centri è già l'indice di una scelta.