mercoledì 6 maggio 2015

La mediazione e le conciliazioni paritetiche

Il Decreto Legislativo 28 del 4 marzo 2010 dà attuazione all'articolo 60 della Legge numero 69 del 18 giugno 2009, in cui il Parlamento (di allora) delegava il Governo all'emanazione di uno o più decreti attuativi in materia di mediazione e di conciliazione delle controversie civili e commerciali. Lo strumento giuridico prodotto si muove all'interno del quadro tracciato dalla direttiva Europea 52/2008, elaborata dalla Commissione ed adottata dal Parlamento e dal Consiglio dell'Unione Europea con l'intento di risolvere le controversie transfrontaliere in materia civile e commerciale. La mediazione, nelle intenzioni dell'Unione, dovrebbe rappresentare un'efficace e rapida risoluzione delle controversie, alternativa all'ordinario canale giurisdizionale, a cui si potrebbe sempre ricorrere in caso di fallimento della procedura. Due o più parti coinvolte in una controversia deciderebbero volontariamente (vedremo tra breve che in realtà per alcuni ambiti il ricorso alla mediazione è obbligatorio), di risolvere il contenzioso con l'aiuto di un mediatore: la persona che svolge la mediazione in modo efficace, imparziale e competente. Secondo definizione la mediazione è l'attività svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, anche con formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa. Il percorso che conduce al raggiungimento dell'accordo tra le parti, si snoda privilegiando tutti i loro interessi e tralascia in secondo piano le formalità più strettamente giuridiche: qui l'evidente diversità con il giudizio processuale condotto in punta di diritto. Fin qui gli aspetti teorici che hanno guidato i Legislatori nella formulazione delle norme, ora entriamo più nel dettaglio degli elementi pratici ed attuativi. La condizione di partenza è naturalmente l'esistenza di un conflitto tra le parti (per quanto ci attiene il caso tipico è rappresentato dal consumatore insoddisfatto o leso nei suoi diritti da un'impresa e/o società commerciale). La strada maestra che ciascuno di noi potrebbe legittimamente e costituzionalmente imboccare per vedere rispettati i propri diritti, sarebbe proprio quella della Giustizia. L'opinione diffusa però, suffragata per altro dalle statistiche che certo incidono negativamente anche sul rischio d'impresa e d'investimento, penalizzando così il nostro Paese rispetto ad altre aree economiche, è l'eccessiva durata dei processi civili (la media è decennale per i tre gradi di giudizio ammissibili), per non parlare poi dei costi e dell'aleatorietà intrinseca del giudizio medesimo. Ecco che allora il ricorso alla mediazione potrebbe trovare una più rapida soluzione alla controversia (la durata massima prevista è di 4 mesi), con una potenziale soddisfazione per entrambi i soggetti ricorrenti, e naturalmente con un vantaggioso contenimento dei costi. È il decreto ministeriale 180/2010 che disciplina l'organizzazione e la statuizione degli organismi di mediazione, inserendoli in un apposito elenco gestito dal Ministero della Giustizia, la cui iscrizione degli enti preposti (siano essi pubblici o privati) è vincolata al possesso di specifici requisiti economici ed etici. Rientrano nella condizione di procedibilità, per cui la mediazione è obbligatoria, tra le altre, le controversie in tema condominiale, di locazione, di risarcimento del danno cagionato dalla circolazione di veicoli, i temi bancario assicurativo e finanziario.
Le conciliazioni paritetiche sono invece degli accordi (disciplinati da veri e propri protocolli d'intesa) stipulati tra aziende o loro associazioni rappresentative ed associazioni di consumatori, che si differenziano dalla mediazione perché in queste procedure il terzo imparziale è assente, ma la soluzione viene mediata tra un rappresentante del consumatore (il conciliatore dell'associazione) e quello dell'impresa che hanno spesso seguito un comune iter formativo e che possono così confrontarsi su elementi condivisi. Le più comuni sono quelle in vigore con le aziende telefoniche ed energetiche (guarda l'elenco completo).
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